Le cose da salvare sono quelle che riscopriamo in caso di emergenza.

Il racconto nasce nell’estate più calda della storia, nel bel mezzo di una crisi climatica a cui, tuttavia, non stiamo attribuendo la giusta importanza.

Ho voluto che la tematica ambientale, esasperata nelle sue peggiori conseguenze, si muovesse in parallelo con un altro tipo di emergenza, la fine di un matrimonio.

Le cose da salvare in caso di emergenza sono quelle che perdiamo per inerzia, pigrizia, ottusità e mi domando, se in alcune circostanze non sia sufficiente un piccolo sforzo, un abbraccio ad esempio, per riuscire a salvarci.

 

1. Mantenere la calma;

2. Premere il pulsante di allarme o dare l’allarme a voce;

3. Contattare immediatamente gli addetti alla squadra di gestione dell’emergenza;

4. Intervenire solo se sicuri di essere in grado di farlo senza mettere a rischio la propria incolumità;

5. Assicurarsi di avere sempre a disposizione una sicura via di fuga.

 

 Ho sempre dubitato dell’emergenza ambientale, erano solo piccoli incendi, chiazze incandescenti sparse in giro per il pianeta. Il riscaldamento globale? A lungo l’ho considerato al pari di una favoletta educativa. Le isole di plastica nell’oceano? Scenari immaginati dai Robinson Crusoe del nuovo millennio.

Un bel problema indubbiamente, ma sempre troppo lontano per considerarlo il mio personale problema.

Poi è accaduto che gli incendi non si sono più spenti, troppo alti, troppo vicini per improvvisare soluzioni. La terra, che da mesi non smette di tremare, ci lascia danzare e crollare tra una scossa e l’altra.

L’ultimo giorno della terra, prima che ogni cosa si dissolva nel nulla, senza “un prima” da rimpiangere o “un dopo” da temere, l’unica cosa su cui riesco a focalizzarmi sei tu. Incredibile.

Non sei la luce dei miei occhi, tutt’altro, è solo che non capisco dove trovi l’appetito necessario per sbranare un hamburger farcito di salsa. In qualunque circostanza per te conta solo avere lo stomaco pieno.

‹‹Ancora mi domando cosa pensi quando guardi in quel modo.›› Dici con tono inquisitorio, abbandonando l’ultimo boccone nel piatto.

‹‹Non importa davvero›› rispondo scuotendo la testa.

‹‹Dovremmo muoverci, non è sicuro restare in casa.››

‹‹Sei tu che stai lì a ingozzarti.››

‹‹Perché fai così Mel? Lo sai che se non mangio non riesco a ragionare, Mel›› imposti la voce, cerchi di suonare rassicurante. Credi. Sbagli.

‹‹Non serve ripetere il mio nome.››

Ora sollevi un dito puntandomelo al petto, un’arma da fuoco carica, sei pronto per il colpo.

‹‹Ti diverte infastidirmi››, continui, ‹‹lo vedo che sghignazzi dietro quella maschera di preoccupazione, cosa sarebbe la tua vita senza questa pantomima chiamata matrimonio?››

Ci raggiunge il boato di un’esplosione esterna, i vetri delle finestre tremano un po’ ‹‹lo scopriremo se non ci muoviamo›› concludo.

Alzi le mani in segno di resa scostandoti dal tavolo.

Se potessimo tornare indietro non tenterei di salvare il pianeta, nel caldo capace di sciogliere il cement, nell’assenza di pioggia, vedrei ancora la condizione ideale per appisolarmi in spiaggia.

Mi piacerebbe però trattenere un’immagine, un’istantanea del momento esatto in cui abbiamo fallito tutto, come umani, come marito e moglie, vorrei una risposta alla domanda che mi faccio più frequentemente ‹‹cosa ci è successo?››

Mi scappa da ridere ‹‹facciamo un gioco›› dico.

‹‹Un gioco? Ora? Mel tu sei completamente pazza.››

‹‹Non è proprio un gioco, vedilo come un possibile scenario.››

Torni a sederti davanti a me, mi guardi con occhi piccoli, affaticati dalla miopia.

‹‹Immaginiamo di avere una possibilità per salvarci, facciamo finta di aver colonizzato la luna.››

‹‹Impossibile, non è abitabile la luna.››

Penso che tu sia uno stupido cervellone, ma questo non te lo dico.

‹‹Allora facciamo Marte, abbiamo scoperto l’acqua, roba da mangiare e materiali per costruire abitazioni e c’è anche una navicella in partenza.››

‹‹Non ti sto seguendo, dove vuoi arrivare?››

‹‹Se tu potessi salvare qualcosa, una sola cosa o persona, cosa sceglieresti? Cosa salvi in caso di emergenza?››

‹‹Che assurdità ti vengono in mente Mel? Non lo so, credo che proverei a prendere tutto.››

‹‹No, no›› oscillo il dito davanti la tua faccia, ‹‹è il mio gioco, non si bara, ho detto una sola cosa›› ti indico il numero con l’indice, tanto per essere chiara.

‹‹Forse prenderei un libro›› congiungi le mani sotto il mento e ti chiudi in una riflessione muta.

Io credo che il silenzio sia la base di ogni frantumazione. Siamo diventati pigri, incapaci di esternare la nostra intimità, siamo così moderni nel parlare di sesso, di tradimenti, li accettiamo, ne ridiamo, ma guai a farci domande su quello che ci rende vulnerabili. Abbiamo costruito muri, voltato le teste lontano dai segnali di allarme che c’erano. C’erano tutti.

Quasi mi leggessi nel pensiero torni a parlare ad alta voce ‹‹certo che non saprei proprio quale libro scegliere, ne ho amati moltissimi in tutta la mia vita e sarebbe troppo dura per me decidere, preferirei lasciare tutta la letteratura della terra qui. Prenderei quella lampada che comprammo a Corfù, ricordi?››

‹‹Quella con le conchiglie?››

‹‹No è in acciaio.››

‹‹Ma non è niente di che.››

‹‹È un ricordo.››

Ammutolisco. È un nostro ricordo.

‹‹Non capisco cosa ci trovi di divertente in questi giochi›› continui impugnando gli occhiali.

‹‹Le stesse cose per cui ti ho sposato.››

‹‹Noia? Disperazione? Vecchiaia?››

Ora ridiamo, una risata cristallina, liberatoria, per qualche istante riusciamo a mettere la paura sulla porta.

‹‹Avresti potuto salvare me, cosa ci fai con una lampada su Marte›› continuo divertita.

‹‹Faccio luce mentre ripenso a tutto questo.››

Non rispondo, ma tu sorridi ancora. Continui ‹‹siamo stati felici insieme, qui, in questo mondo, ma non abbiamo colto i segnali, bastava guardarci intorno, avere dei piccoli gesti di premura. Preferirei conservare qualcosa che mi ricordi come siamo stati, qualcosa che mi ricordi le spiagge sabbiose e il mare limpido di Corfù. Qualcosa che mi ricordi te, così libera e felice come eri. Tutto ciò che di bello ho conosciuto in questa vita. Forse, ecco, credo che l’assenza farà un po’ male, almeno all’inizio, ma siamo inclini all’abitudine, in fondo siamo sopravvissuti mentre il pianeta andava allo sfacelo.››

‹‹…In un matrimonio infelice›› Aggiungo.

‹‹Anche. Ma tu Mel, dimmi, cosa salveresti in caso di emergenza?››

Prima che io possa rispondere la terra comincia a tremare, il mondo fuori si riduce a una nube di fumo, pezzi di intonaco crollano dal soffitto finendo sulle nostre teste, la tua ormai è tutta imbiancata di calce. Sembri un nonnetto con il peso degli anni tra i capelli.

Ridiamo afferrandoci le mani, ridiamo più forte mentre le braccia si congiungono strette sulle nostre schiene.

Crollano i muri, crolla il pavimento, crolla tutto quello che abbiamo costruito, le certezze e le paure, la rabbia muore tra le macerie, e penso, ‹‹che meraviglia sarebbe restare così, sospesi nell’aria. Salvi tra le braccia dell’altro.››