Malpertuis

di: Jean Ray

Editore: Agenzia Alcatraz

Data di Pubblicazione: marzo 2022

EAN: 9791280077523

 Pagine: 278

Formato: brossura

 

 

Messaggio per gli esperti del weird: non scandalizzatevi troppo per il titolo. Secondo noi rende l’idea e sintetizza al volo il romanzo, senza rivelare granchè. Perché abbiamo promesso ai mitici ragazzi di Alcatraz di non spoilerare niente. In realtà ci era venuto in mente Neil Gaim… no no non diciamo altro sennò ci tirano le orecchie. E poi voi esperti la storia la conoscete e ci arrivate da soli. Anche la citazione del mitico Hawthorne all’inizio del libro parla chiaro… e se non parla chiaro, alla fine del romanzo molti diranno “aah ecco!”.

Ora proviamo a fare una recensione seria. O quantomeno seria per gli standard bokononisti. Così vi spieghiamo il perché del “Grande Fratello” (non il romanzo, ma la trasmissione televisiva) e soprattutto che c’entra con i sette abbaini.

Andiamo per ordine.

La storia viene raccontata attraverso l’escamotage del ritrovamento di diversi manoscritti redatti da differenti autori.  La narrazione principale ruota intorno ad una serie di strambi personaggi “costretti” ad abitare in un maniero a causa del testamento di un vecchio zio (Quentin Moretus Cassave), in base al quale i potenziali eredi riceveranno una vera fortuna a condizione che restino a vivere sotto lo stesso tetto, nell’inquietante maniero chiamato Malpertuis. Chi sopravviverà diventerà ricco. Se poi resteranno un uomo ed una donna, si dovranno sposare.

E qui lode a Jean Ray per la splendida carrellata di personaggi. Un mosaico sfaccettato di vizi, manie e stramberie. Ci sono due fratelli Jean Jacques (uno dei narratori) e la sorella Nancy, che apparentemente sono quelli più “normali” di tutti. Abbiamo poi il dottor Sambucque che pensa solo a mangiare. L’inquietante cugino del dottore si chiama Philarete e che ama impagliare animali (Brr).  Seguono tre amabili (si fa per dire) bigotte signorine che trascorrono il tempo ricamando. Lampernisse, poi, ha paura del buio, mentre i signori Griboin stanno sempre lì a contare il denaro. C’è poi la misteriosa e affasciante Euryale, figlia dei Dideloo. Aggiungete un inquietante servitore che parla a monosillabi e il misterioso Eisengott, che non vive a Malpertuis ma è legato alle vicende del maniero.

Mettendoci il solito monocolo (finto, perché non siamo esperti ma semplici amatori), da questa pletora di personaggi e situazioni che si intrecciano nella casa, emerge una fondamentale caratteristica della narrazione di Ray. Si tratta del forte radicamento con la terra d’origine e la vita quotidiana. L’incubo e l’orrore nascono da situazioni ordinarie, che all’interno della storia si deformano in situazioni visionarie.

Ray trascina il lettore nelle allucinanti esperienze degli abitanti del maniero, fatte di vita familiare e tentativi di svelare i misteriosi accadimenti al suo interno. Un climax che parte in sordina, con semplici fenomeni inspiegabili (ombre, movimenti e luci che si spengono) e via via accelera in modo drammatico con le morti violente (difficile dimenticare l’immagine di uno dei protagonisti inchiodato al muro), fino alla grande rivelazione.

Il richiamo al “Grande Fratello” ci sembra chiaro ora. Veniamo ai sette abbaini.

Il motivo è semplice ed è rappresentato dall’altra protagonista del romanzo: Malpertuis stessa. La casa del diavolo per alcuni dei suoi abitanti, una sovrapposizione fra due mondi secondo altri. Per tutti, un luogo popolato da strani esseri e dove accadono misteriosi e inquietanti fenomeni. Una casa che in molti passi in cui Ray la descrive, richiama molto quella famosa dotata di sette abbaini, uscita dalla penna di Hawthorne.

Ed è qui che, secondo noi, il lettore potrà capire perché Ray venga definito “il Poe Belga”, comprendendo appieno il suo apporto alla narrativa weird europea. 

Abbiamo citato Hawthorne, ma l’inquietante maniero non ha nulla da invidiare alle dimore infestate e inquietanti descritte da altri grandi autori come Algernon Blackwood, William Hope Hodgson. Ad esempio, se masticate un po’ di francese, vedrete come lo stesso nome del maniero rimandi ad una casa su un “abisso”. Infatti “pertuis” vuol dire passaggio, apertura e “mal” beh … si traduce da sé.

Ci fermiamo qua, perché preferiamo che vi gustiate d’un fiato il romanzo e scopriate quanto sia geniale la trovata di Ray su cui poi ha intessuto la storia. Aggiungiamo inoltre che ad arricchire il volume ci sono una con una prefazione di Valerio Evangelisti (che chicca!) e una nuova traduzione di Luca Fassina che abbiamo particolarmente apprezzato.

  • Perché sì: se non lo conoscete, correte a leggerlo perché il libro è davvero una pietra miliare del genere; se lo conoscete, andate a rileggerlo in questa nuova edizione che merita spazio fra gli scaffali.
  • Perchè no: trovatelo voi un motivo e fatecelo sapere.