Santo Cielo

Autore: Éric Chevillard

Editore:  Prehistorica Editore

Data pubblicazione: settembre 2025

ISBN: 9788831234429

Pagine: 171

Formato: brossura

Un incidente apparentemente banale apre il romanzo e definisce la sua scommessa: trasferire la domanda ultima — che cosa rimane dopo la morte — nella grammatica più prosaica che esista, quella degli sportelli, dei registri e dei moduli.

Albert Moindre, uomo di mestiere e di abitudini, viene investito e muore; da quel punto la sua coscienza, più lucida e stranita, costruisce un racconto che oscilla tra ironia amministrativa e riflessione esistenziale.

Chevillard monta l’aldilà come una microistituzione: uffici intitolati a funzioni precise (Delucidazioni, Ricompense, Osservatorio, Reclami) che registrano, osservano e riclassificano.

Non è solo trovata grottesca: l’apparato a sportelli è un vero e proprio meccanismo ermeneutico che mette alla prova i criteri con cui tentiamo di ordinare l’indicibile.

Ogni banco diventa un laboratorio d’interpretazione, e la burocrazia si trasforma in lente per analizzare le piccole verità della vita quotidiana.

La prosa procede per slanci, elenchi e digressioni: liste che creano ritmo, scarti lessicali che rivelano la mutazione cognitiva del protagonista e immagini assurde che mantengono il tono sospeso tra sorriso e inquietudine.

La lingua è strumento investigativo che dissipa la retorica solenne del postumo e inventa metafore per tenere insieme il comico e il filosofico; la resa italiana è chiamata a restituire quest’elasticità per conservare la forza sorpresa del testo. Un applauso a Gianmaria Finardi!

Albert non è un eroe ma un tecnico di ponti, un uomo di mestiere la cui routine diventa materia morale. Chevillard sposta lo sguardo dalle grandi azioni ai dettagli — una pianta il cui nome ritorna, le passeggiate annotate, piccole disfatte intime — e dimostra che il valore di una vita spesso si misura nei frammenti quotidiani piuttosto che nei gesti eroici.

All’Osservatorio Albert acquisisce una visione totale della vita che ha lasciato; conosce retroscena e omissioni, ma è impotente. Questa chiarezza totale diventa una pena: la luce completa annienta la possibilità di cambiare le cose e paralizza il desiderio di muoversi. Chevillard capovolge il mito consolatorio della rivelazione e mostra che la curiosità, nutrita dall’ombra e dall’incertezza, è il vero motore dell’azione umana.

Negli elenchi ultraterreni si cercano graduatorie e giustizie: si compilano liste, si ponderano meriti, si confrontano vite. L’operazione è ironica e inquietante: la razionalità degli elenchi pretende di rendere commensurabile l’incommensurabile ma produce distorsioni. Le gerarchie emergenti parlano più del paradigma di chi valuta che della verità del valutato; la memoria così organizzata diventa versione, non testimonianza neutra.

Per un uomo d’ordine la prospettiva del nulla può sembrare rassicurante, ma la coscienza postuma di Albert si dilata fino a uno “spazio illimitato” che nega l’assenza totale. Il paradosso ontologico che ne scaturisce è centrale: la tensione tra la seduzione del vuoto e l’esigenza di verifica della lucidità diventa nodo filosofico del romanzo, insieme all’idea di un destino fatto di concatenazioni minute e sfuggenti.

L’umorismo di Chevillard è macabro e lieve: dissacra senza disumanare. La satira verso le istituzioni cognitive convive con una pietas per le meschinità e gli affetti quotidiani. Anche i personaggi marginali contribuiscono a restituire la scena umana: la farsa amministrativa diventa il mezzo per restituire dignità al dettaglio e mostrare la commozione che sopravvive alle battute.

Santo cielo si inserisce nella tradizione contemporanea che mette in crisi memoria e istituzioni del senso. Se la burocrazia kafkiana opprime, qui essa smaschera il sublime e lo disinnesca in paradosso: non tragedia, ma satira che invita a ripensare le modalità del giudizio. Il romanzo, tra invenzione fantastica e pennellate di realtà, è ideale per letture collettive e dibattiti critici.

Santo cielo è un congegno letterario che pensa con leggerezza e smonta con affetto. Trasformando l’aldilà in amministrazione, Chevillard mostra quanto fragili siano le nostre certezze quando si confrontano con la vita concreta, fatta di piante dimenticate, passi strascicati e rimpianti minimi. Il libro non offre soluzioni definitive; apre questioni sospese che riportano la curiosità al centro dell’esistenza.

 

  • Perchè sì: la singolare miscela di humour e pensiero che trasforma la burocrazia soprannaturale in lente morale sulle piccole verità della vita;
  • Perchè no: se cerchi risposte consolatorie, narrazioni lineari o grandi eroi, la sottrazione paradossale e l’ironia fredda del libro possono frustrarti.