Nel mondo dei libri ci sono case editrici che scelgono di fare le cose in modo diverso, con idee fresche e fuori dagli schemi.

Voci Fuoriscena e Tracce ə Ombre sono due di queste.

La prima punta a raccontare culture meno conosciute attraverso fiabe e testi che sanno di viaggio e scoperta, mentre la seconda si muove su un sentiero anarchico e sperimentale, lontano dalle classiche logiche editoriali.

In questa intervista, Claudia Maschio e Dario Giansanti raccontano la visione delle loro case editrici, le sfide quotidiane e cosa significa pubblicare libri che vogliono lasciare il segno.

Daje!

  1. In una casa editrice solitamente lavorano più persone: chi di voi si farà portavoce per rispondere a questa intervista?

Sulle prime avevamo pensato a una sorta in “interlocutore ibrido” in cui far confluire le nostre risposte. O addirittura di lasciar parlare i due marchi (Vocifuoriscena e Tracce ə Ombre), ma il rischio che si lasciassero prendere da puerili manie di protagonismo ci ha fatto desistere: non è mai bello assistere ai battibecchi di due case editrici, specie se sorelle.

Così, dopo esserci consultati, abbiamo deciso di rispondere in due soltanto: Dario Giansanti e Claudia Maschio.

  1. Com’è nata l’idea di fondare Vocifuoriscena e Tracce ə Ombre?

Claudia: L’idea di fondare casa editrice risale al 2013, e all’epoca eravamo solo in due, Dario Giansanti e io. Avevamo già avuto esperienze come autori, anche scrivendo a quattro mani per una casa editrice veronese, e ci affascinava tutto ciò che sta dietro a un libro. Inoltre Dario da tempo sognava di trasporre in cartaceo ricerche, traduzioni e saggi da lui raccolti su temi di mitologia e antropologia.

Così abbiamo pensato, dapprima con poca convinzione, a come sarebbe stato aprire una casa editrice che contemplasse tanto la mitologia quanto la narrativa contemporanea. Più ne parlavamo, più ci informavano, più cresceva l’entusiasmo. In realtà il nostro budget di partenza ammontava alla pazzesca cifra di 80 euro, insomma, una miseria. Ma se ci si fa intimidire dai dettagli si rischia di non combinare mai niente.

Così, a inizio 2014, ha aperto i battenti Vocifuoriscena. Poi, nel corso degli anni, ci siamo resi conto che Vocifuoriscena veniva identificata quasi esclusivamente con le opere a carattere mitologico, e quasi per nulla con le proposte di narrativa contemporanea, che già di per sé costituisce la bête noir di ogni piccolo e medio editore: opere prime di assoluti sconosciuti – che spesso addirittura si auto-pubblicano – si vanno sempre più moltiplicando, probabilmente per la mancanza di una seria demarcazione tra ciò che è letteratura e ciò di cui il mondo farebbe tranquillamente a meno. Non stiamo parlando di un semplice problema di concorrenza, magari si trattasse di questo: è che, in presenza di un tale esubero nell’offerta, i lettori non sono più posti nelle condizioni di individuare ciò che varrebbe la pena essere letto, e spesso tendono, a torto o a ragione, a diffidare.

Nel nostro caso, oltre questa già pesante penalizzazione, si aggiungeva la parte da leone della mitologia, che stava “soffocando”, seppure involontariamente, la narrativa. Così, nel 2023, abbiamo fondato Tracce ə Ombre, per così dire una costola di Vocifuoriscena, interamente dedicata a proposte letterarie contemporanee.

Dario: Diciamo che avevamo finito per avere una casa editrice bicefala: da un lato un catalogo di classici medievali, letteratura norrena e finnica, o comunque libri legati a realtà etniche e nazionali “altre”, e dall’altra una collana di narrativa scritta da autori poco noti o esordienti. E senza niente in mezzo. Ciò confondeva un po’ le idee a chi ci seguiva, e così abbiamo deciso di dividere la casa editrice in due marchi, anche in modo da dare a ciascuno di essi una propria fisionomia (più classica quella di Vocifuoriscena, più moderna quella di Tracce ə Ombre). 

  1. Quali sono le principali differenze tra le due case editrici in termini di missione e obiettivi?

Claudia: Già durante il primo anno dopo la nascita di Vocifuoriscena, si è aggiunto allo staff Marcello Ganassini, traduttore dal finalndese, ma anche persona di enorme competenza letteraria. Grazie a lui, si è avviato un terzo filone di proposte letterarie: romanzi mai tradotti prima in lingua italiana. Oggi possiamo avvalerci di più traduttori e in diverse lingue, alcuni divenuti parte integrante della casa editrice, come A. Laura Perugini per lo spagnolo e Elisa Zanchetta per l’ungherese.

Questa apertura alla molteplicità di panorami letterari di tutto il mondo, unita alla già presente trasversalità delle proposte di mitologia, costituisce oggi il carattere distintivo di Vocifuoriscena.

Dario: Detto questo, ci sono anche delle affinità, sebbene poco visibili. Uno dei problemi del marchio Vocifuoriscena è che, stante il suo catalogo incentrato sulle antichità nazionali, viene a volte scambiata per una casa editrice di stampo identitario e seguìta, almeno in parte, da un bacino di lettori di quell’area lì. Inutile dire che l’impostazione è in realtà assolutamente scientifica e filologica, e che, al contrario di altri editori apparentemente simili, stiamo attentissimi a tenerci lontani da politica, metafisica, esoterismo, new age. Come abbiamo avuto modo di ribadire altre volte, sarebbe sbagliato dire che siamo interessati “alle radici dei popoli”; gli esseri umani – notava un famoso antropologo – non hanno radici, ma piedi. Analizzare la mitologia, le lingue, le culture, non significa per me esplorare le radici, definire l’identità di questa o quella nazione, ma, al contrario, mettere in rilievo tutta la profonda preistoria di scambi, contatti, relazioni, migrazioni di genti, tribù, popoli, da cui l’odierna fisionomia delle nazioni di oggi. Popoli e culture sono sempre qualcosa di dinamico, fluido, meticcio, aperto alle commistioni e agli scambi. Non puoi studiare la mitologia norrena come un unicum tramandato dagli albori del tempo, senza metterla in correlazione con le tradizioni jakuta, caucasica o iranica, e quindi cercare di capire come gli antenati di tutti questi popoli si siano interrelati nel corso della (pre)istoria, e senza districarne l’influenza classica e cristiana. Ciò pure ci insegna a non fare l’errore di considerare le attuali identità nazionali come qualcosa di compiuto e definitivo, da conservare religiosamente e tramandare ai posteri. In questo stesso momento altri milioni di persone stanno usando i propri piedi (e jeep, e autobus, e gommoni), e dai loro spostamenti verranno le “identità” di domani, che saranno ancora diverse da quelle di oggi. Ma su quest’ultimo punto, il lavoro importante è affidato a Tracce ə Ombre. 

  1. Quali sono state le sfide maggiori che avete affrontato con i due marchi della vostra casa editrice?

Claudia: La prima cosa che ci viene in mente è un fraintendimento, più che una sfida. Spesso si sente dire che la mitologia è di destra, come se qualcosa di culturale fosse mai appartenuto alla destra. Così spesso, come accennava prima Dario, ci identificano con una casa editrice orientata politicamente in tal senso, prendendo una colossale cantonata. Eppure basta leggere anche una sola delle nostre opere di narrativa, o un romanzo tradotto da altre lingue, per rendersi conto che nessuna di esse inneggia a posizioni reazionarie, semmai proprio l’opposto. È sicuramente vero che chi fa cultura fa nel contempo politica, e ne siamo consapevoli. Ma, se di orientamento di deve parlare, il nostro si colloca forse anche un po’ più in là della sinistra. E questo dovrebbe risultare piuttosto chiaro anche dalla trasversalità delle proposte letterarie, che spaziano tra culture di tutto il mondo, in una costante apertura e curiosità verso quel bene prezioso e arricchente che è la diversità.

L’altra grossa sfida, di certo meno interessante, è quella economica: per tener fede ai nostri principi, sia etici che ideologici, pubblichiamo solo opere che venderanno poco o nulla. In effetti siamo atipici, in questo: nessuno di noi guadagna la pagnotta, lavorando ai due marchi, anche perché tutti i ricavi li utilizziamo per partecipare a fiere, stampare nuovi libri… insomma, se non è questa passione vera e pura!

Dario: Mi associo in toto a quanto ha detto Claudia. Scrivere è in ogni caso un atto politico e richiede quindi che si sia coscienti della responsabilità delle proprie parole. Oserei dire che oggigiorno questo è ancora più vero per i blog, i podcast, i post sui social, che contribuiscono a diffondere idee in modo mille volte più veloce che non attraverso i libri (i quali però possono essere più incisivi sul lungo termine, e a un diverso livello). Da qui le continue scelte che operiamo quando un testo arriva in redazione, e la prima domanda non è mai “quanto ci guadagniamo?”, ma sempre “vale la pena pubblicarlo?”. Un marchio editoriale dovrebbe essere una certificazione di qualità, oltre che di rigore e coerenza ideologici. Claudia e i suoi collaboratori sono bravissimi con “Tracce ə Ombre”, e sicuramente severissimi e rigorosi con quello che scelgono di pubblicare. 

  1. Come scegliete quali autori e libri pubblicare?

Claudia: A parte quanto dicevamo poc’anzi, ossia il rispetto di certi principi, che comunque è un criterio selettivo già parecchio forte, le cose sono diverse a seconda del tipo di pubblicazione.

Per quanto riguarda la narrativa, cerchiamo soprattutto opere che sappiano dire qualcosa di nuovo e stimolare la riflessione. Per esempio, La lingua di Menelik di Franco Ceradini è sì una detective story, ma ricca di introspezione e spunti filosofici. Cento di 100 di Massimo Rubulotta è una raccolta di haiku, che una nostra lettrice ha definito “di un’intensità sconcertante”.

Diverso è il discorso per la mitologia e le traduzioni di opere straniere. Spesso capita che le proposte arrivino dai traduttori stessi, cosa del tutto atipica rispetto alle procedure di altre case editrici. Questo coinvolgimento da parte dei traduttori che collaborano con noi mi ha sempre stupito e insieme rallegrato, perché significa grande fiducia nel modo in cui lavoriamo, tanto nella revisione delle opere stesse, con una serie di controlli incrociati pressoché infinita, quanto nella confezione finale del libro, ossia impaginazione e stampa.

  1. Qual è il vostro approccio alla promozione e alla distribuzione dei libri che pubblicate?

Dario: Wow, domanda complicata. La verità è che qui dentro siamo tutti revisori editoriali, scrittori, bibliofili, e siamo tutti molto più a nostro agio con ciò che riguarda la stesura, revisione e composizione di libri, che non con le altre necessità dell’editoria. Quando si tratta di registrare il venduto, fare fatture, contare i soldi, stendere e firmare contratti, sbuffiamo perché bisogna star lì a perdere mezza giornata su robe noiose invece di dedicarci ai nostri amati libri. Diciamo comunque che la distribuzione è un po’ la bête noir dei piccoli editori. Per far arrivare i libri alle librerie che ne fanno richiesta c’è tutta una filiera che attinge: il corriere, il grossista, il distributore, il libraio; contiamo poi che a monte ci sono spese per depositare i codici ISBN e stampare i libri, e all’editore rimangono – letteralmente – le briciole (il 10% più o meno).

Per questo, nonostante i nostri libri siano seguiti da ottimi distributori (a cui vanno i nostri ringraziamenti), siamo molto più contenti quando i lettori comprano i libri direttamente dal sito. Vi sono molti ottimi editori che riescono a fare a meno della distribuzione. Da valutare.

  1. Come vedete il futuro dell’editoria indipendente in Italia?

Claudia: Poco roseo per chi, come noi, mette al primo posto la qualità letteraria delle pubblicazioni. Ma anche peggio per chi sta cavalcando l’onda dello smisurato bisogno di protagonismo pubblicando cani e porci senza alcun criterio di controllo a monte: i lettori non sono degli stupidi, e a lungo andare se ne accorgeranno. Noi, se non altro, avremo sempre il nostro seguito di lettori dai cervelli svegli, e col tempo speriamo aumentino nel numero.

Dario: A volte sento qualcuno dire che Vocifuoriscena svolgerebbe “un importantissimo ruolo culturale” nel tradurre. pubblicare e diffondere testi considerati importantissimi, nel loro campo, e per molti decenni trascurati dall’editoria. Ne sono lieto, ma mi scontro con il paradosso – se paradosso è – che si pretende che noi si guadagni anche, vendendo questi libri. L’ovvia verità è che, se non si arriva alla fine del mese, tocca chiudere. Dunque, valore culturale o valore commerciale? Solo noi vediamo la contraddizione? Mi viene da rispondere: “Se pensate che questi libri abbiano una loro importanza culturale, siamo disposti a diffonderli gratuitamente in pdf a chiunque interessino, però assicurateci uno stipendio che ci consenta ad arrivare alla fine del mese”. Ecco, l’ho detto per scherzo, però poi mi accorgo che se qualche mecenate mi facesse una simile proposta, l’accetterei senza alcun problema.

Paradossalmente un editore guadagnerebbe di più pubblicando a pagamento una silloge poetica scritta con i piedi da Pinco Pallino, che non la prima edizione italiana dell’opera etnografica di Uno Harva. Quindi, perché un editore con un po’ di sale in zucca dovrebbe perdere mesi di tempo a curare un libro lungo e complicato come La religione dei popoli altaici quando potrebbe guadagnare dieci volte tanto dando alle stampe il file Word del vicino di casa analfa-ricco?

Mi vien da concludere che, inevitabilmente, tutta l’editoria, come tutto il resto dell’economia, tenderà inevitabilmente a muoversi là dove si guadagna, privilegiando il dato commerciale. Però, per fortuna, esistono molti piccoli e medi editori che cercano di portare avanti un discorso di qualità, a dispetto di un sistema economico che spinge nella direzione opposta, e hanno tutta la mia ammirazione. Anche questo è un atto politico.

  1. C’è un libro o un autore, pubblicato da voi, che vi rende particolarmente orgogliosi?

Claudia: Sicuramente più di uno, anche se bisognerebbe prima intendersi sul significato di “orgogliosi”: se il termine è riferito a un successo editoriale quantificabile in numero di copie vendute, oppure invece alla soddisfazione di aver pubblicato un’opera di grande valore. E le due cose non sempre vanno a braccetto. Specie con la narrativa contemporanea, ma non solo, è capitato che sia mancato il riscontro atteso rispetto a dei titoli a nostro parere altamente meritevoli. Per esempio La necessità del male di Franceso Maiello, o L’iconomante di Michele Branchi. Per le traduzioni di romanzi stranieri, con nostro stupore, è passato quasi in sordina La via eterna

  1. In che modo i lettori possono contribuire al successo delle vostre case editrici?

Claudia: La risposta più banale, ma non per questo falsa, è “leggendo i nostri libri”. Potremmo stare qui a decantare il rigore di come lavoriamo, la ricerca della qualità sotto ogni aspetto (contenutistico, stilistico, formale), ma alla fine c’è un solo modo per appurare che ciò corrisponde al vero anziché a frasi fatte trite e ritrite: leggendo.

  1. Quali sono i progetti futuri per Vocifuoriscena e Tracce ə Ombre?

Claudia: Trovare una persona disposta a lavorare gratis per curare la promozione dei nostri libri. Ma perché solo una? Sempre gratis, vorremmo un grafico pubblicitario, un videomaker, un esperto nella confezione di e-book e una segretaria o segretario di bella presenza. Ah, anche un avvocato, che non si sa mai.

Beh, intanto avete incontrato la Balena Cosmica, Daje!